Sülle versioni italiane della Storia Trojana.
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Molt est Diomedes iriez,
Quant vit sa gent issi morir,
Et Troiens s’i contenir.
15575 Le cheval point vers Troilus;
= VV. 15581—82
Tote la lance d’ ebenus,
Ou la manche ert de ciclaton,
Passa par l’escu a lion.
L’auberc en estut desruentir
15580 Et lez le flanc le fer sentir.
Mes Troylus ne refalt pas,
Ainz le refiert en es le pas:
L’escu li fait fraindre et percier
Et le blaue haubere desmailiier,
15585 Si que li sanc del cors li raie;
Mes n’i a mie mortal plaie,
Ne que li face grant noisance.
Binduccio
1 Diomedes che vide e conobbe lo
> grando dannaggio che Troi-
J lus gli facea, di sua gente
uccidere e tagliare, egli ne
fu irato dismisuratamente.
Elli non fece nullo indugia-
mento, anzi
feri lo cavallo de li sproni, e
se ne viene a si grande an-
dare come puö del cavallo
trarre *. Troilus che lo vide
venire,
jnon si scanso verso lui, anzi
j va verso lui al ferir degli
sproni.
E quando venne all’ abbassare
delle lancie, Diomedes lo feri
si gran colpo sopro lo scudo
che gliel fende tutto,
e mise tutta la lancia
con sua manica che sua amica
gli aveva donata
per lo scudo
e li dirompe suo asbergo,
e li fece una piaga profonda
nel iianco,
ma non fu niente mortale.
Troilus
feri lui di si gran virtü
che li parte lo scudo
e li falsa 1’ asbergo,
e li fece nel petto una piaga
grande e profonda,
ma non fu niente mortale;
ne Diomedes non lassö, lo dl
poi, di portare arme.
1 Cosi il codice.
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